The White Paper of the Institute for Enemy State Studies

(IT)

Il 4 novembre 2024, il Pyongyang Times, quotidiano in lingua inglese edito dalla Foreign Languages Publishing House (sotto il controllo del Dipartimento Informazione e Propaganda del WPK), ha pubblicato un rapporto realizzato da un think tank nordcoreano sulla Corea del Sud e, più nello specifico, sull’attuale presidenza Yoon.

Il rapporto, intitolato “White Paper of DPRK Institute of Enemy State Studies Discloses Criminal Nature and Miserable Plight of Puppet Yoon Suk Yeol”, è in linea con molte delle azioni condotte da Kim Jong-Un volte ad accrescere tensioni e ostilità tra le due Coree.

Secondo quanto riportato, il testo sarebbe il risultato di un’indagine condotta dal Ministero della Sicurezza Nazionale della Repubblica Popolare Democratica di Corea, resa pubblica pochi giorni prima, il 27 ottobre. Il soggetto principale sarebbe la “grave violazione della sovranità della DPRK” a seguito del sorvolo di un drone nei cieli di Pyongyang tra l’8 e il 9 ottobre. Tuttavia, benché il rapporto si presenti inizialmente come un’analisi riguardante questo specifico evento, esso non argomenta né documenta la circostanza; piuttosto, si concentra sullo stato attuale delle relazioni tra Nord e Sud, accusando il governo conservatore sudcoreano di esasperare ulteriormente i rapporti diplomatici.

A sostegno di questa tesi, il rapporto cita alcuni dati elaborati dagli studi statistici nazionali, secondo cui il debito delle grandi aziende sudcoreane sarebbe tra i più elevati, con un tasso di indebitamento delle imprese che ha raggiunto il 173,6%. Inoltre, secondo questi dati, quasi un milione di imprenditori avrebbe rinunciato alla propria attività a causa dell’aumento dei prezzi.

Oltre alle questioni economiche, si fa riferimento ad alcuni eventi recenti della politica e della società sudcoreana, come l’elevato tasso di suicidi, la riforma del sistema sanitario, le indagini sull’ex presidente Moon e le decisioni della Casa Blu riguardo alcune festività nazionali e la politica estera, ad esempio la Dichiarazione di Washington. Sebbene si tratti di propaganda, vale la pena analizzare i numerosi riferimenti utilizzati per attaccare, non senza continui insulti, la politica e l’esecutivo sudcoreano.

L’istituto che avrebbe redatto l’analisi sarebbe il cosiddetto Istituto di Studi sullo Stato Nemico della RPDC. Secondo il Korea Times, tale istituto altro non sarebbe che il precedente Istituto di Riunificazione Nazionale, già sotto il controllo del Partito dei Lavoratori di Corea e incaricato di studiare le questioni relative alla riunificazione coreana. Il cambio di nome indicherebbe la volontà nordcoreana di ridurre ulteriormente i contatti con il Sud, designandolo non più come una comunità coreana separata, bensì come un vero e proprio “Stato nemico”, eliminando così l’idea di una visione comune che, seppur tra alti e bassi, aveva sempre accomunato entrambi i governi della penisola. Ciò è in perfetta sintonia con le recenti modifiche costituzionali attuate da Kim Jong-Un e con la demolizione dei rimanenti collegamenti stradali e ferroviari con Seul, con l’obiettivo ultimo di designare Seul come “nemico naturale” del regime di Pyongyang.

Riguardo alle questioni economiche, in particolare sul tasso di debito delle imprese, non vi sono indicazioni chiare delle cifre presenti nel white paper. Il rapporto debito/patrimonio netto delle aziende sudcoreane, includendo ogni settore, si attesta intorno al 120% nel 2021; una cifra superiore al 111% registrato nel 2018 ma inferiore rispetto al picco del 159% del 2009. Invece, le principali società finanziarie sudcoreane hanno accumulato riserve di debito per oltre 9 trilioni di won (pari a 6,77 miliardi di dollari), con un aumento del 71,4% su base annua. Di conseguenza, sebbene il debito delle imprese e delle società finanziarie sia effettivamente cresciuto, soprattutto a seguito della pandemia, non vi sono dati corrispondenti a quelli riportati nel libro bianco. Riguardo alla crisi imprenditoriale, il dato è invece corretto. Quasi un milione di imprese ha cessato l’attività, principalmente a causa della debole domanda interna e dell’aumento dei tassi di interesse a seguito degli sconvolgimenti pandemici. Secondo il National Tax Service, il numero di chiusure nel 2023 è stato pari a 986.487, in aumento rispetto ai 867.292 casi segnalati nel 2022.

Passando alle questioni sociali e politiche, l’istituto nordcoreano cita l’incremento vertiginoso dei suicidi, con oltre 13.000 persone che si sarebbero tolte la vita. La cifra è accurata, poiché la Corea del Sud possiede, all’interno del gruppo OECD, il tasso di suicidi più alto, con quasi 13.000 casi registrati nel 2022 e un tasso pari a 24,1 per ogni 100.000 abitanti. Anche la Corea del Nord, d’altro canto, affronta una situazione simile, sebbene con percentuali inferiori ma comunque preoccupanti per la leadership attuale. Secondo l’OMS, nel 2019 il tasso di suicidi nella DPRK era pari a 8,2 casi per ogni 100.000 abitanti. Pur non disponendo di dati recenti e verificabili, secondo l’intelligence sudcoreana Kim Jong-Un avrebbe ordinato alle autorità locali di tentare di arginare il fenomeno, criminalizzandolo come “atto di tradimento contro il socialismo” e imponendo un “divieto” di suicidio, a seguito di un aumento del 40% rispetto agli anni precedenti.

Per quanto riguarda la riforma sanitaria, il think tank nordcoreano menziona il recente accordo tra governo e opposizione in Corea del Sud per porre fine allo sciopero indetto da medici e infermieri, in protesta contro il possibile aumento delle ammissioni universitarie nelle professioni sanitarie. La riforma mira a incrementare il numero di medici nel Paese, che ha subito una riduzione costante a fronte di una popolazione in progressivo invecchiamento e di uno squilibrio nelle le prestazioni sanitarie tra aree urbane e rurali. Settori più remunerativi come dermatologia e cosmesi attraggono molte risorse umane che potrebbero invece essere destinate al servizio pubblico. Sottolineando le proteste, Pyongyang intende mostrare la presunta debolezza del governo di Seul e il limitato sostegno popolare di cui gode la presidenza Yoon. Debolezza che però risulta presente anche nella controparte settentrionale, dato il panorama disastroso in cui versa il welfare del Nord. La situazione è infatti particolarmente grave, nonostante alcuni miglioramenti recenti: malattie come tubercolosi, malaria ed epatite B sono endemiche e, pur spendendo circa il 3% del PIL nel settore sanitario, molte strutture ospedaliere mancano di attrezzature essenziali, acqua corrente ed elettricità. Secondo testimonianze di nordcoreani fuggiti all’estero, l’accesso alle cure è spesso riservato alle classi più agiate e ai quadri del partito, mentre la maggioranza della popolazione evita le cure poiché a pagamento.

Una parte del testo è poi dedicata alle indagini condotte dalle autorità sudcoreane sull’ex presidente Moon per sospetta corruzione. Sebbene il rapporto non entri nel merito della vicenda, è interessante notare come queste indagini vengano indicate come una “rappresaglia” contro l’amministrazione precedente. Moon si era infatti distinto per il costante disgelo nei rapporti tra le due Coree, culminato nell’incontro con Kim a Panmunjom e in numerosi accordi per migliorare le relazioni tra Nord e Sud. Non sorprende, dunque, che Pyongyang citi questo evento, avendo sempre guardato con favore alle iniziative di apertura e riduzione delle tensioni della scorsa amministrazione, sostenuta dal Partito Democratico Unito, attualmente all’opposizione, rispetto al Partito del Potere Popolare, al governo e di cui Yoon fa parte dal 2021.

Infine, il libro bianco si concentra sulla Dichiarazione di Washington, che mira all’espansione delle attività di consultazione in ambito nucleare tra USA e Corea del Sud (viste come “linee guida per un’operazione nucleare sulla penisola coreana”) e sulle recenti festività promosse da Seul, come la Giornata dell’Esercito Nazionale e quella in memoria dell’inizio della guerra di Corea. Queste celebrazioni sono viste con astio dalla Corea del Nord, che le considera un richiamo alla propria responsabilità nell’avvio del conflitto e una dimostrazione della superiorità dell’equipaggiamento sudcoreano rispetto a quello nordcoreano.

In sintesi, il “white paper” pubblicato dalla Corea del Nord sembra essere un vero e proprio strumento di propaganda, pensato per screditare l’amministrazione Yoon e inasprire le tensioni tra le due Coree. Attraverso una serie di dati economici e sociali mirati, il rapporto accusa il governo sudcoreano di trascinare il Paese verso una crisi interna e di allontanarsi sempre di più dalla possibilità di una riunificazione pacifica. Al di là delle critiche dirette, il documento riflette una strategia più ampia da parte di Pyongyang, che ora considera il Sud non più come una parte della stessa nazione, ma come un vero e proprio “stato nemico.” Questa retorica, unita alla recente chiusura di canali di comunicazione sia fisici che diplomatici con Seoul, indica la volontà della leadership nordcoreana di segnare una netta separazione ideologica e politica tra i due Paesi. Si profila quindi una fase particolarmente delicata per le relazioni intercoreane, con la Corea del Nord che sembra puntare a rafforzare la propria posizione interna isolandosi ulteriormente e creando un distacco sempre più marcato rispetto a Seoul e ai suoi alleati occidentali.



(EN)

On November 4, 2024, the Pyongyang Times, an English-language daily published by the Foreign Languages Publishing House (under the control of the Propaganda and Information Department of the WPK), released a report by a North Korean think tank on South Korea, specifically focusing on the current Yoon administration.

The document, titled “White Paper of DPRK Institute of Enemy State Studies Discloses Criminal Nature and Miserable Plight of Puppet Yoon Suk Yeol,” aligns with many of Kim Jong-Un’s recent actions aimed at increasing tensions and hostilities between the two Koreas.

According to reports, the text results from an investigation by the Ministry of National Security of the Democratic People’s Republic of Korea, made public a few days earlier, on October 27. Its main subject is the “serious violation of DPRK sovereignty” following the incident of a drone flying over Pyongyang’s airspace between October 8 and 9. However, while the report initially presents itself as an analysis of this specific event, it offers neither arguments nor documentation on the matter; instead, it focuses on the current state of North-South relations, accusing the conservative South Korean government of further aggravating diplomatic ties.

To support this claim, the report cites data from national statistical studies, according to which the debt levels of South Korea’s large companies are among the highest, with a corporate debt ratio reaching 173.6%. Additionally, it claims that nearly a million business owners have abandoned their activities due to rising prices.

Beyond economic issues, the text mentions recent events in South Korean politics and society, such as the high suicide rate, healthcare reform, investigations concerning former President Moon, and decisions by the Blue House on certain national holidays and foreign policy matters, such as the Washington Declaration. Although it is propaganda, it is worth analyzing the numerous references used to criticize, with constant insults, South Korean politics and the Yoon administration.

The institute responsible for drafting this analysis is the so-called DPRK Institute of Enemy State Studies. According to the Korea Times, this institute is none other than the former National Reunification Institute, already under the control of the Workers’ Party of Korea and previously tasked with studying issues related to Korean reunification. The name change signals North Korea’s intent to further distance itself from the South, now viewing it not as a separate Korean community but as a distinct and hostile “enemy state,” effectively abandoning the notion of a shared identity that, despite ups and downs, had previously united both governments of the peninsula. This move is perfectly in line with recent constitutional amendments by Kim Jong-Un and the demolition of remaining road and rail links with Seoul, with the ultimate goal of designating Seoul as Pyongyang’s “natural enemy.”

Regarding economic issues, particularly corporate debt levels, the report does not specify the figures it claims. The debt-to-equity ratio of South Korean companies, across all sectors, stood at around 120% in 2021, a figure higher than the 111% recorded in 2018 but still lower than the peak of 159% in 2009. Meanwhile, South Korea’s major financial firms have accumulated debt reserves exceeding 9 trillion won (about 6.77 billion dollars), marking a 71.4% year-on-year increase. Therefore, while corporate and financial debt has indeed risen, largely due to the pandemic’s effects on the economy, no data corresponds to the figures reported in the white paper. However, the data regarding South Korea’s business closures is accurate. Almost a million businesses have shut down, mainly due to weak domestic demand and rising interest rates following the pandemic upheaval. According to the National Tax Service, the number of closures in 2023 was 986,487, an increase from the 867,292 reported in 2022.

Moving on to social and political issues, the North Korean institute cites the sharp rise in suicide cases, with over 13,000 people reportedly taking their own lives. This figure is accurate, as South Korea has the highest suicide rate among OECD countries, with nearly 13,000 cases recorded in 2022 and a rate of 24.1 per 100,000 inhabitants. On the other hand, North Korea faces a similar situation, albeit with lower percentages, which still concerns the current leadership. According to the WHO, North Korea’s suicide rate was 8.2 per 100,000 inhabitants in 2019. However, there is no recent and verifiable data, South Korean intelligence suggests that Kim Jong-Un has ordered local authorities to address the issue by criminalizing suicide as an “act of betrayal against socialism” and imposing a “ban” on suicide following an increase of about 40% in the rate compared to previous years.

Regarding healthcare reform, the North Korean think tank references the recent compromise between the South Korean government and the opposition to end a strike by doctors and nurses protesting the potential increase in university admissions for healthcare professions. The reform aims to increase the number of doctors in the country, which has seen a steady decline amid an aging population and an imbalance in healthcare services between urban and rural areas. More lucrative fields, such as dermatology and cosmetics, have attracted many resources that could otherwise be devoted to public healthcare. By highlighting ongoing protests, Pyongyang aims to portray the supposed weakness of the Seoul government and the limited popular support enjoyed by the Yoon presidency. North Korea’s healthcare situation, on the other hand, is particularly dire despite recent improvements; diseases such as tuberculosis, malaria, and hepatitis B are endemic, and while the state spends around 3% of its GDP on healthcare, many hospitals lack essential equipment, running water, and electricity. According to testimonies from North Korean defectors, healthcare is often reserved for the wealthier classes and party cadres, while most people avoid treatment because it is costly.

A section of the text is then dedicated to investigations by South Korean authorities into former President Moon on suspicion of corruption. Although the report does not delve into the details of the case, it is interesting to note that these investigations are framed as “retaliation” against the previous administration. Moon had been instrumental in the constant thaw in relations between the two Koreas, culminating in his meeting with Kim in Panmunjom and numerous agreements to improve North-South relations. It is, therefore, no surprise that Pyongyang highlights this event, having always viewed the pro-peace initiatives and tension-reduction efforts of Moon’s administration favorably. Moon’s administration was supported by the United Democratic Party, currently in opposition to the People Power Party, of which Yoon has been a member since 2021.

Finally, the white paper focuses on the Washington Declaration, which aims to expand nuclear consultations between the United States and South Korea (viewed by the DPRK as “guidelines for a nuclear operation on the Korean peninsula”) and on recent holidays promoted by Seoul, such as National Armed Forces Day and the commemoration of the start of the Korean War. North Korea views these celebrations with hostility, seeing them as a reminder of its responsibility for starting the conflict and as a demonstration of the superiority of South Korean military equipment compared to its own.

In short, North Korea’s “white paper” appears to be a straightforward propaganda tool aimed at discrediting the Yoon administration and ramping up tensions between the two Koreas. Through carefully selected economic and social data, the report accuses the South Korean government of leading the country into internal turmoil and distancing itself from any chance of peaceful reunification. Beyond its direct criticism, the document points to a broader strategy from Pyongyang, which now sees the South not as part of a shared nation but as a true “enemy state.” This rhetoric, along with the recent shutdown of both physical and diplomatic channels with Seoul, signals North Korea’s desire to deepen the ideological and political divide between the two countries. This sets up a particularly fragile moment for inter-Korean relations, with North Korea seemingly aiming to strengthen its internal position by isolating itself further and widening the gap between itself, Seoul, and South Korea’s Western allies.



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