What Assad’s fall means for North Korea
(IT)
L’8 dicembre scorso, dopo un’offensiva durata appena 11 giorni, i ribelli siriani della regione di Idlib hanno preso il controllo di Damasco, ponendo fine al regime di Bashar al-Assad. Questo evento, che segna di fatto la conclusione del conflitto civile siriano in corso dal 2011, porta con sé due implicazioni significative per la Corea del Nord.
La prima riguarda la perdita di un alleato storico e di un intermediario strategico per il dialogo con i paesi del Medio Oriente. Dal 1966, anno in cui furono instaurate relazioni ufficiali, Pyongyang e Damasco hanno mantenuto stretti legami diplomatici, economici e militari, consolidati dalla comune appartenenza al blocco sovietico. La cooperazione in ambito militare è sempre stata centrale: già durante la Guerra dei 6 giorni (1967) e la Guerra del Yom Kippur (1973), il regime nordcoreano inviò soldati e armamenti a sostegno dell’esercito siriano contro Israele. Negli anni successivi, la Siria è diventata uno dei principali acquirenti di armamenti nordcoreani, in particolare missili. Nel 2018, un report delle Nazioni Unite documentava il coinvolgimento della Corea del Nord nella guerra civile siriana a sostegno del regime di Assad.
I due Paesi condividono molti tratti comuni: entrambi retti da regimi dittatoriali a guida familiare accomunati da un’ideologia antiamericana e antioccidentale. L’ascesa al potere rispettivamente di Kim Jong-un e Bashar al-Assad, inoltre, era stata inizialmente accompagnata da speranze internazionali di riforme che si rivelarono presto illusorie. Per Pyongyang, la Repubblica Araba rappresentava non solo un mercato strategico per le esportazioni militari, ma anche un canale di collegamento con altre forze antioccidentali in Medio Oriente, come Iran, Hezbollah e Houthi. La caduta del regime alauita non comporta dunque solo un danno economico, ma priva la dirigenza kimista di un partner cruciale nella sua rete internazionale, lasciandola ulteriormente isolata.
La seconda implicazione per Pyongyang riguarda la sua alleanza con la Russia, di cui si è parlato in un articolo precedente. Il collasso del regime siriano ha messo in luce l’incapacità di Mosca, uno dei principali sostenitori di Assad insieme all’Iran, di intervenire tempestivamente. Il logoramento delle risorse militari russe, concentrate sul fronte ucraino, ha rivelato la fragilità del Cremlino nel sostenere i propri alleati strategici in momenti di crisi. Questo scenario offre una lezione importante per Kim Jong-un: in caso di un conflitto nella penisola coreana, la Russia potrebbe non essere in grado di garantire un sostegno concreto alla Corea del Nord.
L’invio di soldati nordcoreani in Ucraina da parte di Pyongyang, apparentemente volto a rafforzare i legami con una Russia bisognosa di supporto militare, rischia quindi di rivelarsi un errore strategico. Una Russia logorata e impegnata in Ucraina non è un alleato capace di difendere efficacemente altri partner internazionali.
In conclusione, il crollo del regime di Assad ha avuto ripercussioni ben oltre il Medio Oriente. La perdita della Siria rappresenta un duro colpo per la politica estera di Mosca e Teheran, e incide direttamente anche sulla Corea del Nord, che si vede privata di un alleato storico e un mercato chiave per le esportazioni di armamenti convenzionali. Questo scenario offre alla leadership nordcoreana spunti di riflessione sul reale valore della Russia come partner strategico e mette in dubbio la capacità di Mosca di tener fede al trattato di mutua difesa stipulato nei mesi precedenti. La fuga di Assad in Russia, infine, è un ulteriore monito per il regime di Kim Jong-un, che seguirà con attenzione il destino dell’ex dittatore siriano, il cui peso strategico per Mosca potrebbe rapidamente diminuire, rivelando ulteriormente le reali priorità della politica estera russa.
A Syrian waves the revolutionary flag in Damascus after Assad's fall | Image: FMT |
(EN)
On December 8th, after an offensive lasting just 11 days, Syrian rebels from the Idlib region took control of Damascus, ending Bashar al-Assad’s regime. This event, which marks the conclusion of the Syrian civil war that began in 2011, carries two significant implications for North Korea.
The first concern is losing a long-standing ally and a strategic intermediary for dialogue with Middle Eastern countries. Since 1966, official relations were established, Pyongyang and Damascus have maintained close diplomatic, economic, and military ties, strengthened by their shared alignment with the Soviet bloc. Military cooperation has always been central to their relationship. During the Six-Day War (1967) and the Yom Kippur War (1973), the North Korean regime sent troops and arms to support the Syrian army against Israel. In the following years, Syria became one of the main purchasers of North Korean weaponry, particularly missiles. In 2018, a United Nations report documented North Korea’s involvement in the Syrian civil war in support of Assad’s regime.
The two nations share many similarities: both are ruled by hereditary dictatorial regimes and are united by anti-American and anti-Western ideologies. International hopes for reform initially accompanied the respective rises to power of Kim Jong-un and Bashar al-Assad, hopes that quickly vanished. For Pyongyang, Syria was not only a strategic market for military exports but also an intermediary for connecting with other anti-Western forces in the Middle East, such as Iran, Hezbollah, and the Houthis. The fall of Assad’s regime thus represents not just an economic loss but also deprives North Korea of a crucial partner in its international network, leaving it even more isolated.
The second implication for Pyongyang relates to its alliance with Russia, as discussed in a previous article. The collapse of the Syrian regime exposed Moscow’s inability, as one of Assad’s main backers alongside Iran, to intervene promptly. The depletion of Russian military resources, tied up in Ukraine, has revealed Moscow’s fragility in supporting its strategic allies during times of crisis. This scenario offers an important lesson for Kim Jong-un. In the event of a conflict on the Korean Peninsula, Russia might be unable to provide tangible support to North Korea.
Pyongyang’s decision to send North Korean soldiers to Ukraine, ostensibly to strengthen ties with Russia in need of military assistance, risks proving to be a strategic mistake. A war-weary Russia bogged down in Ukraine is not an ally capable of effectively defending other international partners.
In conclusion, the collapse of Assad’s regime has repercussions far beyond the Middle East. The loss of Syria represents a severe blow to the foreign policies of Moscow and Tehran. It has a direct impact on North Korea, which has now lost a historic ally and a key market for its conventional arms exports. This scenario provides North Korea’s leadership with food for thought about Russia’s value as a strategic partner. It raises doubts about Moscow’s ability to honor mutual defense commitments made in recent months. Finally, Assad’s exile to Russia serves as a further warning to Kim Jong-un’s regime. North Korean leadership will likely closely observe the fate of the former Syrian dictator, whose strategic importance to Moscow could quickly diminish, shedding further light on the true priorities of Russian foreign policy.
Deployment of North Korean army to assist Russia in the war in Ukraine | Image: FMT |
- Gianluca Boccato, 03/01/2025
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